Per le Edizioni Petruzzi sono usciti in questi giorni due volumetti veramente fuori dall'ordinario, ambedue ad opera di Francesco Grilli. Fuori dall'ordinario perché conoscevamo già Grilli per altri suoi scritti e sapevamo la sua passione per il ricordo costante di una Castello che non c'è più e della sua maestria nel trascrivere il nostro dialetto, ma questa volta mi è sembrato molto più intrigante nel pizzicare le corde del sentimento, dei ricordi più cari e del grande attaccamento alla propria tradizione familiare, intrisa di particolari personaggi, ormai scomparsi, ricordati tutti con gli immancabili soprannomi. Per chi, come me, è cresciuto immerso in quel mondo speciale che era la Mattonata del dopoguerra leggere quelle pagine è stato come un tuffo nel passato e dei ricordi che ora sembrano particolarmente sereni, forse perché appartengono alla nostra fanciullezza. Un altro merito di Grilli è senz'altro la scelta delle copertine , avendo usato opere di due dei pittori fra i più rappresentativi, anche se per visioni diverse, del raccontare la vita della città più intima e più vera: una caratteristica "china" di Benito Albi Bachini e una Piazzola delle Oche, un inconfondibile olio di Alessandro Vinci. Nel " il ciccicocco è finito" l'autore dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, tutta la sua padronanza del "castelèno" più schietto, quello parlato nei vicoli prima della contaminazione televisiva. Su questo tema resterà sempre una pietra miliare quella sua trasposizione del PINOCCHIO di Collodi nel nostro dialetto, edito qualche anno fa (con mie illustrazioni!) e che ancora viene letto nelle scuole cittadine per merito di insegnanti intelligenti, che , per fortuna, hanno capito che il dialetto è un valore che non può essere sopito. " Io sono un tifernate in purezza, anche se non ci ho guadagnato niente. Anzi...." scrive Grilli. Non è vero, Francesco, ci hai guadagnato tanto: la nostra più sincera gratitudine .
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